Pechino imperiale by Adriano Màdaro

Pechino imperiale by Adriano Màdaro

autore:Adriano Màdaro
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2023-01-20T00:00:00+00:00


Sezione di Nord-Est

I luoghi sacri del Confucianesimo

I quattro grandi pailou a tre archi di Dong Xi costituiscono un punto di riferimento urbanistico significativo, poiché sono una sorta di spartiacque tra le due sezioni della Città Tartara: tutto ciò che è a nord è in stretta relazione con il potere imperscrutabile del Tian, quel Cielo idealizzato da un connubio tra religione e filosofia che viene consacrato da Confucio e dalle regole immutabili del Canone. A breve vedremo come sia stato realizzato, proprio nell’angolo estremo di nord-est, il punto di concentrazione più significativo di tutta la Città Tartara, una sorta di secondo santuario dopo la Città Proibita. Vi giungeremo in seguito a qualche sosta necessaria che serve da introduzione. Nei pressi di Dong Xi, infatti, si trova un grande monastero taoista, Da Ci Yan Fu Gong, Tempio della Grande Compassione e della Felicità Prolungata, dedicato agli dèi del Cielo, della Terra e dell’Acqua, la cui fondazione risale al 1481. È conosciuto anche con altri nomi: San Guan Miao, Tempio dei Tre Funzionari o Palazzo della Felicità Prolungata. Si tratta di un gigantesco complesso, annunciato da un grande muro-paravento che sta di fronte al maestoso ingresso, composto da ben sette arcate, una sottolineatura evidente della sua importanza. Non dissimile da altri santuari, il tempio si articola su due ali, con al centro una serie di sale interrotte da cortili: la più importante, che dà il nome all’intero complesso, ha uno splendido soffitto ottagonale ed è attorniata ai quattro lati da leggiadre verande, con un portico posteriore – autentica rarità architettonica per un tempio – che collega la sala successiva, e che si ripete con altri portici per le sale Qing Hua e Qing Dian. Vale la pena soffermarci brevemente su questa eccezione architettonica poiché è l’unica costruzione religiosa in tutta Pechino a offrire un esempio del genere. La sequenza di portici, per un totale di ben undici campate, regala prospettive davvero originali. Ogni sala è doviziosamente affrescata e i cassettoni dei soffitti sono popolati da una moltitudine di sculture che raffigurano antichi Saggi taoisti. Dall’esterno le sale si impongono per la severità dei tetti, ricoperti di tegole di ceramica nera, ma è al loro interno che trionfa il colore, come è tradizione dei santuari taoisti. Qui l’arte sublima l’intima ricerca della meditazione nello sfarzo delle sete, nelle lacche degli altari, nei cromatismi delle sculture, nelle tinte raffinate degli affreschi, negli intarsi elaborati e smaltati dei soffitti. Fino al 1644, anno della caduta dei Ming, è un tempio frequentatissimo, finché lo sfortunato Imperatore Chongzhen viene qui a pregare nella speranza di ottenere una illuminazione divina che gli indichi come schiacciare i ribelli guidati da Li Zicheng: per tre volte la risposta degli oracoli è negativa, e prima di impiccarsi, ponendo così fine alla Dinastia, il Sovrano proibisce ai fedeli di frequentare il tempio. Proibizione superflua perché comunque, dopo quell’epilogo nefasto, nessuno metterà più piede in un luogo così funesto, ritenuto dalla voce popolare appestato dai dèmoni e portatore di malaugurio.

Nelle vicinanze alte mura cingono il Fu Wang Fu, Residenza del Principe Fu.



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